Servire o apparire | CONSAPEVOLI NELLA PAROLA

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martedì 28 settembre 2010

Servire o apparire


Essere o apparire?

Ma siamo realmente sicuri e convinti che gli esseri umani siano gli esseri viventi più intelligenti sulla faccia della terra?
Ovviamente generalizzando, mi capita spesso di pensare che il mio cane , sia più intelligente di alcune persone che conosco.
Avere due gambe e non essere ricoperti da una folta pelliccia, implica, di per sé, il fatto di essere intelligenti? Non lo credo assolutamente.
È però certamente vero che le persone hanno fatto una marea di cose grandiose in qualsiasi campo si siano attivamente impegnate, ma credo anche che venga cancellato un pezzetto di progresso ogniqualvolta accada, a causa dell’egoismo umano, qualcosa di orribile all’interno della nostra società.
Come può essere considerato un gesto intelligente concepire un figlio e gettarlo poi nel cassonetto dell’immondizia? - Nessun animale farebbe mai una cosa simile.-
Com’è possibile arrivare ad accoltellarsi per un semplice tamponamento mentre si è in fila al semaforo?
Prendendo in considerazione tutto ciò, suppongo sia nomale che qualche dubbio possa sorgere.
Si può parlare di intelligenza, considerando persone che passano metà della loro giornata divise tra televisione, trucco, acconciature all’ultimo grido e, appena rincasate il sabato dopo la scuola domandano 200 euro ai genitori per lo shopping? Ma attenzione, diffidate dalle imitazioni, queste persone sono facilmente riconoscibili attraverso una semplice domanda: “ Qual è la differenza tra un rinoceronte e un ippopotamo?”
Si ritengono forse esseri intelligenti coloro che si dilettano nel lanciare i sassi dai cavalcavia?
Qualche decennio fa, si cercava di emergere, di raggiungere una posizione di riguardo all’interno della società; per fare ciò era richiesta una spiccata intelligenza, legata ad una notevole dose di sicurezza personale. Oggi, per diventare qualcuno (che per molti è sinonimo di apparire in tv), basta solo spogliarsi e dimenticarsi cos’è il pudore.
Non sto però dicendo che vorrei vedere tutti vestiti da esquimesi, ma penso che negli ultimi 5-6 anni, abbiamo veramente toccato il fondo.
Come si può parlare d’intelligenza all’interno di una società che ha scelto di apparire piuttosto d’essere?

  Oggi l'immagine è tutto. O quasi 
 
Quanti soldi spendono le aziende per curare la propria immagine? Quanto spende ognuno di noi per curare la propria? Viviamo in un mondo artificiale in cui l'apparire è più importante dell'essere.
Grazie alla diffusione su larga scala degli spot pubblicitari attraverso tutti i canali di comunicazione, percepiamo maggiormente questa continua ricerca dell'apparire a scapito dell'essere.
Da quanto leggiamo nella scrittura, l'uomo è sempre stato più attento all'aspetto esteriore che a quello interiore. Infatti il Signore non bada a ciò che colpisce lo sguardo dell'uomo: "L'uomo bada alle apparenze, ma il Signore guarda al cuore" (1^ Samuele 16:7).
L'uomo percepisce la realtà con i propri sensi e pertanto è normale che valuti in base a questi. Però, è necessario che i figli di Dio siano in grado di andare oltre l'apparenza quando si tratta di scegliere uomini che possano servire il Signore in determinati ambiti.
Noi non possiamo vedere il cuore, ma il Signore può scrutare l'uomo interiore. Egli può davvero vedere di che pasta siamo fatti. E allora dobbiamo affidarci alla sua guida per non rischiare di valutare in maniera superficiale.

Gli occhi di Samuele
 

Il verso appena citato, 1 Samuele 16:7, ha un contesto piuttosto interessante che ci permette di fare un confronto tra i nostri criteri di scelta e quelli di Dio.
Quando Dio lo mandò a casa di Jesse per ungere un re che avrebbe sostituito Saul, Samuele non esitò un attimo ad individuare un buon candidato: "Quando essi giunsero, egli posò lo sguardo su Eliab e disse: «Certamente l'unto dell'Eterno è davanti a lui» (1^ Samuele 16:6). Eliab era probabilmente alto e di bell'aspetto. Così gli occhi di Samuele andarono a colpo sicuro. Non possiamo biasimarlo, infatti egli si stava basando sull'esperienza precedente, quando Dio lo mandò ad ungere Saul: "Aveva un figlio di nome Saul, giovane e bello; tra i figli d'Israele non ce n'era uno più bello di lui; era più alto di tutta la gente, dalle spalle in su" (1^ Samuele 9:2).
In quell'occasione, Samuele lo presentò al popolo dicendo: "Vedete colui che il Signore si è scelto? Non c'è nessuno come lui in tutto il popolo". Tutto il popolo mandò grida di gioia esclamando: "Viva il re!" (1^ Samuele 10:24).

Saul era alto  bello. Samuele si aspettava quindi una scelta analoga. Perchè il nuovo re sarebbe dovuto essere diverso?
Ma Dio aveva una lezione da impartire a Samuele e a tutto il popolo di Israele. Infatti, quando, qualche anno prima, il popolo d'Israele aveva chiesto un re, il Signore se ne era rammaricato perché le loro motivazioni erano sbagliate (cfr.1 Samuele 8:4-7).
Da quando erano entrati nella terra promessa fino a quel momento, Dio aveva sempre ascoltato le loro suppliche e aveva mandato dei giudici che amministrassero la giustizia e li liberassero dai loro nemici. Ma ora, essi non volevano più gridare al Signore per essere liberati. Essi volevano un liberatore sempre pronto, sempre a disposizione, un re che amministrasse la giustizia, che marciasse alla loro testa in caso di guerra. Quando i nemici si fossero fatti avanti, sarebbe stato molto più comodo avere un liberatore pronto per l'uso senza dover gridare al Signore.
Così Dio li aveva accontentati dando loro un re giovane, alto, bello e forte che rispondeva alle loro aspettative. Ma Saul era come quei frutti che sono belli a vedersi ma dentro sono marci. Dopo un brillante inizio, Saul si rivelò per quello che era: tanto bello e forte quanto disubbidiente al Signore (cfr. 1 Samuele 13:8-14).
Così, di fronte a Eliab, il Signore ricorda a Samuele che le apparenze possono ingannare: "Non badare al suo aspetto nè alla sua statura, perchè io l'ho scartato; infatti il Signore non bada a ciò che colpisce lo sguardo dell'uomo; l'uomo bada alle apparenze, ma il Signore guarda al cuore" (1 Samuele 16:6-7).
Questa volta Dio avrebbe usato il suo criterio di scelta. Avrebbe scelto una mela sana piuttosto che una semplicemente bella. Avrebbe scelto Davide.
E la scelta del Signore si dimostrò subito la migliore. Quando un gigante filisteo di nome Golia si fece avanti per insultare e mettere in ridicolo gli Israeliti, sarebbe stato lecito aspettarsi che il loro re alto, forte e bello ne facesse un sol boccone. Non era stato unto proprio per occasioni come queste? Ma Saul aveva paura come tutti gli altri (cfr. 1 Samuele 17:11). D’altra parte, se ti basi sulla tua forza e sulla tua bellezza, puoi stare certo che prima o poi troverai qualcuno più bello o più forte di te. E di fronte a Golia la forza di Saul non bastava. 
Ma l’uomo che Dio aveva scelto, si avvicinò a Golia con un bastone, una fionda e cinque pietre nel suo sacchetto da pastore, dicendogli: “Tu vieni verso di me con la spada, con la lancia e con il gia­vellotto; ma io vengo verso di te nel nome del SIGNORE degli eserciti, del Dio delle schiere d ’Israele che tu hai insultate. Oggi il SIGNORE ti darà nelle mie mani e io ti abbatterò; ti taglierò la testa, e darò oggi stesso i cadaveri dell ’esercito dei Filistei in pa­sto agli uccelli del cielo e alle bestie della terra; così tutta la terra riconoscerà che c’è un Dio in Israele, e tutta questa moltitudine riconoscerà che il SIGNORE non ha bisogno di spada né di lancia per salvare; poiché l’esito della battaglia dipende dal SIGNORE ed egli vi darà nelle nostre mani” (1^ Samuele 17:45-47).
Niente male per un giovane pastore. Benché non ne avesse l’apparenza, in lui c’era tutta la sostanza del guerriero che sa di avere Dio dalla sua parte. Credo che conosciate il resto della storia. Vi dico solo che Golia non fu in grado di raccontarla ai suoi nipotini.
Nessuno avrebbe scommesso su Davide, ma Dio lo sostenne e gli diede la precisione necessaria per vincere con un solo colpo. Non fu la forza di Davide a dargli la vittoria, ma la sua fede nel Signore. L’aspetto e la forza non sono tutto perché l’uomo non può fare nulla quando il Signore non è con lui.
In quel giorno Israele ha ricevuto una bella lezione da parte del Signore: il timore del Signore è più importante della forza e della bellezza. Il Signore é colui che libera dai nemici.
Il vecchio Samuele avrà sicuramente capito perché il Signore gli aveva chiesto di non fidarsi dei propri occhi.

Gli occhi dei Corinzi
 

Anche nella chiesa possiamo correre il rischio di badare alle apparenze piuttosto che alla sostanza.
Prendiamo l’esempio di Corinto. Paolo aveva servito fedelmente il Signore in quella assemblea, eppure i credenti stavano andando dietro ad altri uomini, sorti in mezzo a loro, che mettevano in ridicolo l’apostolo Paolo e facevano bella mostra di sé e della loro sapienza. A questi ultimi che “si vantano di ciò che è apparenza e non di ciò che è nel cuore”(2 Corinzi 5:12).
Paolo contrappone un modello completamente diverso: "Noi abbiamo questo tesoro in vasi di terra, affinché questa grande potenza sia attribuita a Dio e non a noi" (2 Corinzi 4:7).
Il vaso di terra non attira lo sguardo su di sé ma può contenere un tesoro di grande valore. Ilcontenuto é più importante del contenitore.
L’atteggiamento umile e debole di Paolo era volontario ma veniva scambiato per debolezza perché i Corinti guardavano all’apparenza: "Voi guardate all’ apparenza delle cose. Se uno è convinto dentro di sé di appartenere a Cristo, consideri anche questo dentro di sé: che com’egli è di Cristo, così lo siamo anche noi. Infatti se anche volessi vantarmi un po’ più dell’ autorità, che il Signore ci ha data per la vostra edificazione e non per la vostra rovina, non avrei motivo di vergognarmi. Dico questo perché non sembri che io cerchi d’ intimidirvi con le mie lettere. Qualcuno dice infatti:“Le sue lettere sono severe e forti; ma la sua presenza fisica è debole e la sua parola è cosa da nulla” (2^ Corinzi 10:7-10).

Coloro che a Corinto si vantavano e criticavano l’apostolo Paolo probabilmente apparivano molto saggi agli occhi degli altri. Paolo ricorda loro che avrebbe potuto vantarsi in maniera ancora più efficace, se avesse voluto. Ma che senso avrebbe avuto confrontarsi con altri uomini? Occorreva forse stilare una classifica? No, Paolo preferiva che il proprio ministero venisse valutato alla luce del compito che il Signore gli aveva affidato. Egli voleva essere trovato fedele dal Signore, non dagli uomini: "Noi non abbiamo il coraggio di entrare in classifica o confrontarci con certuni che si raccomandano da sé; i quali però, misurandosi secondo la loro propria misura e paragonandosi tra di loro stessi, mancano d’intelligenza. Noi, invece, non ci vanteremo oltre misura, ma entro la misura del campo di attività di cui Dio ci ha segnato i limiti, dandoci di giungere anche fino a voi" (2^ Corinzi 10:12-13).

Paolo non aveva bisogno di vantarsi perchè i frutti del suo ministero parlavano chiaro: "Cominciamo forse di nuovo a raccomandare noi stessi? O abbiamo bisogno, come alcuni, di lettere di raccomandazione presso di voi o da voi? La nostra lettera, scritta nei nostri cuori, siete voi, lettera conosciuta e letta da tutti gli uomini; è noto che voi siete una lettera di Cristo, scritta mediante il nostro servizio, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente; non su tavole di pietra, ma su tavole che sono cuori di carne" (2^ Corinzi 3:1-3).
La sostanza del suo ministero non poteva certo impallidire di fronte all'apparenza di quei sedicenti apostoli: "Stimo infatti di non essere stato in nulla inferiore a quei sommi apostoli. Anche se sono rozzo nel parlare, non lo sono però nella conoscenza; e l'abbiamo dimostrato tra di voi, in tutti i modi e in ogni cosa" (2^ Corinzi 11:5-6).
Può sembrare strano che i credenti di Corinto, benché avessero conosciuto Paolo, fossero così influenzati da questi detrattori dell’apostolo. Ciò dimostra che noi uomini ci facciamo impressionare facilmente dalle apparenze, da coloro che sanno fare discorsi persuasivi di sapienza umana, discorsi tanto pomposi quanto vuoti, che hanno l’apparenza ma non la sostanza. E’ triste considerare come spesso noi credenti siamo molto attirati da ar­gomenti che non aggiungono nulla alla nostra conoscenza di Dio e alla nostra vita di fede ma solleticano solo la nostra curiosità. La sostanza della parola di Dio, quella che predicava l’apostolo Paolo, non ci interessa più. Eppure Paolo si vantava proprio di questa rinuncia alla sofisticazione per annunciare il vangelo nella sua semplicità: "Questo, infatti, è il nostro vanto: la testimonianza della nostra coscienza di esserci comportati nel mondo, e specialmente verso di voi, con la semplicità e la sincerità di Dio, non con sapienza carnale ma con la grazia di Dio. Poiché non vi scriviamo altro se non quello che potete leggere e comprendere; e spero che sino alla fine capirete,come in parte avete già capito, che noi siamo il vostro vanto, come anche voi sarete il nostro nel giorno del nostro Signore Gesù" (2^ Corinzi 1:12-14).
 

A volte circondiamo di ammirazione le persone che parlano con arroganza e prendiamo la debolezza e l’umiltà volontaria di chi serve il Signore come una mancanza di autorità.
Che Dio ci dia di capire che l’autorità viene dal Signore e non ha niente a che vedere con ciò che gli uomini amano mostrare. Il contenuto di valore rimane tale anche e soprattutto in vasi di terra.
Paolo poteva dire ai suoi schernitori: “Fatti non parole. Sostanza non apparenza.” Infatti, "non colui che si raccomanda da sé è approvato, ma colui che il Signore raccomanda" (2^ Corinzi 10:18).

I nostri occhi
 

 La terra promessa sembrava inespugnabile agli occhi degli esploratori mandati da Mosè (cfr. Numeri 14:31). Il Signore li punì per la loro mancanza di fiducia. Le apparenze ingannano.
Al contrario, molti anni dopo, sotto la guida di Giosuè, gli Israeliti erano convinti di poter vincere facilmente ad Ai (cfr. Giosuè 7:3). Tornarono a casa battuti e umiliati. Le apparenze ingannano.
I re scelti secondo le apparenze crollano di fronte ai Golia. Sono i re secondo il cuore di Dio che riportano la vittoria. Le apparenze ingannano.
I sommi apostoli di Corinto erano gonfi e amavano vantarsi. Ma i fatti davano ragione all’umile Paolo che non signoreggiava sui credenti ma serviva fedelmente la chiesa come il Signore gli aveva indicato. Il tesoro della grazia di Dio è stato deposto in vasi di terra affinché la gloria vada a Dio e non agli uomini. Le apparenze ingannano.
Non possiamo fidarci dei nostri occhi, dei nostri sensi, della nostra carne. Dio sceglie e distribuisce i doni come vuole. Il nostro compito come credenti è mettere a disposizione degli altri i doni che abbiamo ricevuto dal Signore e riconoscere i doni che egli ha dato agli altri membri.
Dobbiamo però stare attenti al nostro metro di valutazione. Dobbiamo esercitare il discernimento che il Signore ci ha dato perché persino Samuele si era fatto ingannare dai propri occhi. Le cose spirituali vanno valutate mediante lo Spirito, perché la carne non ci aiuta.
Il mondo va avanti grazie alle raccomandazioni umane. Gli uomini cercano la forza, la ricchezza, l’abilità nel parlare, cercano dei bei contenitori.
Dio cerca invece un cuore umile e povero che sappia ubbidire alla sua voce. Egli bada al contenuto. Davide, ad esempio, quando peccò, seppe umiliarsi e chiedere perdono, cosa che Saul non fu mai completamente in grado di fare.

Il Signore gradisce proprio questo atteggiamento di umiltà di fronte a Lui (cfr. 1^ Pietro 4:5-6), l’atteggiamento di chi non vuole compiacere sé stesso ma vuole essere davvero un servo ubbidiente.
Qualcuno potrebbe obiettare: “Che speranza abbiamo? Le cose che balzano agli occhi degli uomini non sono le stesse che riesce a vedere il Signore. Noi non possiamo vedere il cuore!”
E’ vero. Ma Dio ha donato lo Spirito Santo alla sua chiesa: "A noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito, perché lo Spi­rito scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio. Infatti, chi, tra gli uomini, conosce le cose dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così nessuno conosce le cose di Dio se non lo Spirito di Dio" (1^ Corinzi 2:10-11).


Dio non ci ha lasciato in balia dei nostri sensi. Egli ci ha donato il suo Spirito che illuminerà il nostro cammino nella fede.
Ricordate la scelta di Paolo e Barnaba ad Antiochia (cfr. Atti 13:1-3)? Furono scelti dallo Spirito Santo che li indicò alla chiesa mentre erano radunati. I credenti furono convinti nel proprio cuore dallo Spirito Santo sulla necessità di inviare Paolo e Barnaba per la missione specifica che Dio aveva affidato loro.
Lo Spirito parla ai credenti, e se non facciamo finta di non sentire, se cerchiamo la volontà di Dio con sincerità, nutrendoci della sua parola e coltivando la comunione con il Signore e con i credenti, dobbiamo ammettere che Dio ci dà la saggezza per capire quali persone sono adatte e quali non lo sono per servirlo in determinati ambiti. Lo Spirito equipaggia i credenti con dei carismi e gli altri credenti sono assolutamente in grado di rendersene conto se vivono in sottomissione al Signore. Quando ciò non avviene, non possiamo dire che il Signore non abbia parlato, ma piuttosto che non siamo stati attenti alla sua voce e abbiamo preferito scegliere sulla base dei nostri criteri umani basati sull’immagine, sulla simpatia, sull’eloquenza. 
 

Le apparenze ingannano. Impariamo ad essere sensibili alla voce del Signore e discernere i doni che lui ha dato. Chi cerca il potere é obbligato a coltivare una certa immagine, ad apparire a tutti i costi per supplire alla ca­renza di contenuti. Ma chi vuole servire il Signore ripulisca il suo cuore perché Dio bada alla sostanza.




"Il timore dell'Eterno è un ammaestramento di sapienza, e prima della gloria c'è l'umiltà."
(Proverbi 15:33)
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